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Oliveto Lucano: la Basilicata si trova nelle “piccole cose”

Alla scoperta sensoriale di portoni lavorati, antichi mestieri, sapori contadini, vecchi forni a legna e riti propiziatori 

Lo scrittore e oratore tedesco Eckhart Tolle affermava: «La vera felicità si trova nelle cose semplici, apparentemente irrilevanti. Ma per essere consapevole delle piccole cose è necessario che tu sia tranquillo interiormente. E’ necessario un alto livello di attenzione. Sii calmo. Guarda. Ascolta. Sii presente». Il nostro sguardo è rivolto verso una “piccola cosa”, Oliveto Lucano: borgo di 430 abitanti, che si colloca nell’entroterra della Basilicata, al centro del Parco regionale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane.

Grafica di Oliveto Lucano

Scartiamo la nostra “piccola cosa” dai boschi, cerri e querce di alto fusto, che la proteggono.

Dimentichiamoci del suo nome e della sua storia: ha origini risalenti al periodo normanno. Il nome, Oliveto Lucano, comparve per la prima volta nel 1060 in una bolla pontificia. Nel 1030 il piccolo centro fu possedimento dei Cavalieri di Malta e nel 1050 fu assegnato all’ordine Gerosolimitano. Il seguito questo territorio venne ceduto da Giovanna I D’Angiò ai Gozzuto e infine ai Grippini. Durante il periodo aragonese fu governato dal duca di Castelmezzano Girolamo de Lerma, che con i suoi eredi lo mantenne fino al 1812.

Panoramica di Oliveto Lucano

Scartati rametti, foglie, erbacce, tozzi tronchi, cortecce dure si intravede un contenuto di dimensioni spicciole. Di cosa si tratta? Alla vista è laborioso comprenderlo, un solo senso non basterebbe; al tatto la mano riconosce la mollezza della pasta fresca e, forse, la delicatezza di un ricamo. Si alza una nuvola di fumo, qualcuno si starà cimentando nel preparare a’ pastur’l, sulle note di strumenti armeggiati dalla banda del paese. Un piccolo uomo spinge con forza un mastodontico portone lavorato in legno; lo sguardo tranquillo, la barba ruvida, profuma di vino buono.

…di sensi ne servono quattro.

La vista

Patrimonio religioso

Chiesa Madre Maria Santissima delle Grazie

Originaria del 1572, sorge sulla sommità del paese. In stile romanico, presenta tre navate, tre altari in lamine di bronzo ed una pala con l’immagine della Beata Vergine — attribuita da Leone De Castris, nel 1996, a Decio Tramontano, artista napoletano della seconda metà del Cinquecento e datata 1596 (Rossella Villani, Pittura napoletana in Basilicata – Prima parte). Nella Chiesa Madre è conservata anche la statua di San Cipriano — vescovo, martire e dottore dell’antica Chiesa romana — con la sua reliquia custodita in un braccio ligneo dorato, patrono di Oliveto Lucano dal 1735 circa.

Cappella Mariana di Piano del Campo e festa in onore della Madonna

Una leggenda popolare vuole che, nella località di campagna di Piano del Campo, fu rinvenuta, nel tronco cavo di una quercia, una statua rappresentante la Madonna. Si costruì una cappella nel punto in cui vi era quell’albero e dentro vi fu posta la statua; sempre secondo la leggenda, nella stessa cappella, la quercia ramificò.La statua in legno policromo risale al XVI secolo ed è stata oggetto di recente restauro.

La festa in onore della Madonna di Piano del Campo ha inizio la prima domenica di maggio; dalla Cappella la statua si porta in processione in paese. Ai margini della strada statale sono presenti 14 altarini, che un tempo avevano il compito di sostenere la statua, consentendo il riposo a chi era dedito a trasportarla in spalla. Le loro origini si fanno risalire alla fine dell’Ottocento, sono realizzati in pietra calcarea locale e calcestruzzo e sono accomunati dalla presenza di una nicchia allocata sul lato frontale del basamento in cui poter esporre l’immagine della Vergine. La festa termina la quarta domenica del medesimo mese quando la Madonna fa ritorno alla sua Cappella.

Chiesa di San Giovanni Battista

La Chiesa, esistente già nel 1588 come cappella sottoposta al Ius patronatus della famiglia del barone Capani,  è stata restituita nel 2012 dal Comune di Oliveto Lucano alla parrocchia “Maria SS. delle Grazie” per il ripristino del luogo di culto. Nel 2014 sono iniziati i lavori di restauro con i fondi Cei – Conferenza Episcopale Italiana dell’otto per mille, che prevedevano la demolizione del solaio interpiano, delle tramezzature e del corpo scala esterno per ripristinare l’originaria conformazione della Chiesa. Ha un parametro murario intonacato delimitato da due lesine agli angoli. È sormontata da un cornicione modanato con una forma d’arco nella parte centrale ed angoli. Al di sotto è presente una nicchia strombata, un portale ad arco; una finestra ed un balcone, posti in modo asimmetrico, costituiscono le aperture. La struttura è in muratura portante. La copertura della Chiesa è a capanna. L’intradosso è costituito da una volta a botte con lunette. La Chiesa di San Giovanni Battista fu menzionata per la prima volta nella visita pastorale del 1588 del vescovo di Tricarico, mons. Giovanni Battista Santonio. Fu probabilmente eretta dalla Confraternita del SS. Rosario.

I “portoni di Bacco”

Una delle stradine più curiose del piccolo borgo è senza dubbio via delle Grotte. Qui la modernità non ha scalfito il valore culturale del vecchio artigianato: posti all’ingresso di abitazioni e cantine osserviamo i “portoni di Bacco”, realizzati in legno a moduli geometrici — si preferiva il legno di farna, poiché più resistente all’acqua e all’umidità. Opere di artigiani locali, i “maestri d’ascia”, furono prodotti fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento su commissione di soggetti d’alto rango — il prezzo per ciascun portone si aggirava tra le 50 e le 150 lire. Il cardo, ovvero la serratura, era anch’esso frutto di mani sapienti.

I portoni di Bacco a Oliveto Lucano

Sito archeologico Monte Croccia. Solstizio d’inverno a “Petre de la Mola”

Il sito sorge fra i Comuni di Oliveto Lucano e Accettura e include il complesso megalitico di “Petre de la Mola”. Trattasi di un affioramento naturale della roccia, modificato dal lavoro dell’uomo — in un epoca imprecisata ma non posteriore all’inizio del primo millennio a.C. — per trasformarlo in un calendario di pietra. Qui, da secoli, il 21 dicembre, ponendosi in un preciso punto di osservazione, — segnalato da un petroglifo, incisione su roccia, indicante le direzioni verso cui rivolgersi — nel giorno del solstizio di inverno, a mezzogiorno si vede il sole apparire in una piccola fenditura artificiale scavata nella roccia. Nello stesso giorno e punto di osservazione l’astro riapparirà, al tramonto, entro una galleria ottenuta sovrapponendo una lastra di pietra ad una fenditura naturale. La calendarizzazione era funzionale a scopi pratici, ma anche rituali. Oltre al megalite l’aerea archeologica include i resti di un’antica città lucana di origine Osco-Sannita risalenti al VI/IV secolo a.C.

Il tatto

Arte e artigianato artistico

Materiali differenti e differenti tecniche artistiche si fanno largo nella tranquillità di Oliveto Lucano e diventano possibilità per il turista di approfondimento e sperimentazione. Se si vuole assistere all’intaglio del legno, in via Guglielmo Marconi, è possibile far visita alla bottega del signor Antonio Terranova. Se si preferisce l’artigianato del ferro battuto è la bottega del signor Carmine Moles la giusta scelta. Non mancano laboratori di ricamo dello squadrato, tecnica tipica locale, da apprendere dalle delicate mani delle donne del luogo. Non meno importanti i quadri ad olio dell’artista Giuseppe Mazzarone.

Il gusto

Sapori da scoprire

A stuzzicare i palati ci pensa, in viale Italia n.65, il panificio “Pane Nostro” di Innocenza Rago. Quali sono i prodotti più identificati delle panetterie e pasticcerie di Oliveto Lucano? Una pizza rustica di forma tonda, a’ f’cazzol, anche nota come: cazzola, scarcedda o cuzzola. La pasta esterna è dorata e croccante. La guarnizione con i vari fronzoli, l’cjrengul, e la smerlatura circolare ricordano un sole con i suoi raggi. L’interno è compatto e colorato. Appena sfornata emana un profumo speciale, che ricorda i prodotti della civiltà contadina come la toma, la salsiccia, la soppressata o le uova locali. Per la f’cazzol risulta depositato un marchio di tipicità locale presso la Camera di Commercio di Matera.

U’ panaridd,simile a un panierino, è guarnito con strisce di pasta, modello grigliato o trecce filiformi, fronzoli, e ghirigori vari posizionati armoniosamente ed equidistanti. Anche in questo prodotto la smerlatura esterna richiama i raggi del sole. L’aspetto esterno ha, inoltre, un bel colore dorato: prima di essere informato viene tutto spennellato con rosso d’uovo. L’interno è morbido, cremoso e molto profumato. Anch’esso ricorda i prodotti della civiltà contadina quali la ricotta e le uova fresche. Da sempre u panaridd, con la pipua (bambolina), sono complementi della f’cazzol.

A’ pipua, di natura puramente artigianale, simboleggia una bambolina, caratterizzata da finiture molto curate, grande originalità, colore dorato e forte profumo. Immancabile la sua presenza agli eventi organizzati in paese.

Al fine di promuovere le tradizioni pasquali e i sapori olivetesi questi tre prodotti sono diventati gli ospiti indiscussi della “Festa di Primavera”, organizzata, dal 2012, dalla Pro Loco “Olea”, solitamente il 25 aprile.

Per una degustazione enogastronomica punto di riferimento è la macelleria “San Cipriano” di Rosetta Loscalzo e Marco Spinelli.

Fra le tipicità famosa è a l’tratt,pasta fresca che nell’aspetto ricorda una tagliatella irregolare condita con un sugo di pomodori freschi, peperoni e basilico. Si produce durante il periodo primaverile-estivo, coincidente con la transumanza. Infatti, in antichità, bisognava preparare, alla sera, dopo la stanchezza accumulata nei campi durante la giornata, il più velocemente possibile tale piatto per sfamare la famiglia.

Fra i secondi si distingue a’ pastur’l, piatto a base di carne di pecora. A questo si aggiungono arrosti di carni miste del Parco regionale di Gallipoli Cognato (agnello delle Dolomiti, salsiccia locale, capocollo e costatine di vitello podolico) e salsicce e capicolli in antipasti con peperoni cruschi e olive nere.

L’olfatto

“La Notte dei Forni”

Ogni 18 agosto, dal 2016, un’intera notte, ad Oliveto Lucano si inebria dei profumi dimenticati delle tradizioni enogastronomiche. Protagonisti, nel buio della serata, i bagliori degli antichi forni a legna, adiacenti alle vecchie case. Le donne del paese offriranno ai visitatori i prodotti cucinati nei forni del centro storico, in un pensato percorso di degustazione. L’evento è organizzato dalla Pro Loco olivetese e dall’amministrazione comunale. Il tutto è accompagnato da musica popolare itinerante e spettacoli folkloristici in piazza Umberto I.

Con gli occhi, le narici, le orecchie, le papille gustative e i palmi delle mani abbiamo scoperto ogni angolo nascosto di Oliveto Lucano. Restituiamo alla nostra “piccola cosa” i boschi, cerri e querce di alto fusto, che la proteggono.

È fra questi boschi che, nel mese di luglio, due alberi vengono scelti come attori della festa del “Maggio” dedicata a san Cipriano. Una ricorrenza di identità e fede, tramandata di generazione in generazione, propiziatrice di fecondità e benessere. Si celebra il matrimonio fra due alberi: il “Maggio”, lo sposo, ovvero il cerro più alto e dritto dell’intero bosco e la “Cima”, la sposa, cima, appunto, di un agrifoglio. Il 10 e l’11 agosto la “coppia” si innalza in paese; il giorno 12 si assiste alla scalata degli alberi, in segno di devozione al santo patrono. 

Si ringrazia la Pro Loco “Olea” e, in particolare, la sua presidente Saveria Catena per il materiale condiviso. Per maggiori informazioni e per restare costantemente aggiornati su eventi e attività contattare:

Pro Loco di Oliveto Lucano

Grazia Valeria Gelsomina Ruggiero

Grazia Valeria Gelsomina. Mina per gli amici. Lucana. Designer. Cosa voglio fare da grande? Conosco una parola contenitore di ciò che mi piace: “creare”. Che si tratti di un disegno su carta che prenderà forma, di una pagina bianca che attende di essere scritta o di realizzare da zero un contenuto grafico. Attualmente collaboro con il Mattino di Puglia e Basilicata. Ho frequentato un Master in editoria e comunicazione che mi ha lasciato, fra le tante cose, quattro empatici amici con cui condividere questo nuovo viaggio. Perché scrivere della mia terra in un blog? Sono di buona forchetta e qui c’è cibo buono in abbondanza. Mi perderei nei vicoli di antichi borghi senza controllare l’ora. Non dico mai no ad un’escursione, che sia in un bosco, ai piedi di una cascata, fra le dolomiti, su un lago…. Ma quanti scenari offre la Basilicata?