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C’era una volta a Filiano… trekking fra le vie di un’antica comunità rurale

C’era una volta a Filiano… Dove? A Filiano? E dove si trova Filiano? Oh, si tratta di un piccolo comune lucano. Ecco, se presti attenzione alla mappa politica è lì, nella parte alta della Basilicata — a cingerlo Atella, Ripacandida, Forenza, Avigliano, Bella e San Fele; se ti mostri curioso, sulla carta fisica noterai che è un luogo collinare. Se volessimo darne una dettagliata e pignola localizzazione non sarebbe giusto concentrarsi esclusivamente sul nucleo centrale. Su un’estensione di 7078 ettari, 1047 sono destinati a pascolo e 3000 a bosco. E la restante parte? È vissuta dai suoi circa 3286 abitanti e dalle loro piccole o maestose dimore e fra un abitante e l’altro e fra una dimora e l’altra non mancano estese colture agricole, perché, devi sapere, che a Filiano si contano più di 50 contrade e frazioni.

Grafica del Comune di Filiano

La giornata del mietitore

I tratturi, le sette pietanze della tradizione, i costumi tipici maschili e la manifestazione “Lu Muzz’c”

C’era una volta a Filiano… Chi? Biniritt’, Benedetto, marito di Giù-uannina, Giovannina. Dormiva da un bel po’, supino, Biniritt’, sembrava volesse ricaricarsi in una sola notte di tutta la fatica che già sapeva avrebbe accumulato nei giorni a venire. Era giugno. Aveva spalle larghe, la carnagione scottata irreversibilmente dal riflettersi del sole cocente sul suo piccolo campo, gli occhi piccoli e dalle tonalità chiare, le maniche della camicia sempre rimboccate e sulla bocca, mezzo abbozzato, un sorriso e qualche dente mancante. Si muoveva solo quel giorno, ogni arnese era rimasto riposto sul terreno, a svegliarlo la brezza mattutina che lasciava poco spazio al sopore. Imboccava un tratturo — l’agro di Filiano è ricco di tratturi, sentieri della transumanza, che, però, qui hanno una dimensione ridotta, inferiore agli undici metri.

Panoramica su Filiano
Foto di Palladino Saverio

(I tratturi che ricadono nel territorio di Filiano sono: Toppa; Spina-Serra Cocozza, Inforchia; Piano della Corda; Coste; Ripa Rossa; Sterpeto-Inforchia; Serra Daini; Meccadinardo; Croce Angelone; Sterpeto-San Cataldo; Varco della Creta; Imperatrice; Pantani; Impera, tratturo Cucchiarone; Padula Salice; Vallone Cucchetta e Piano di Sorba. In particolare il tratturo Serra Daini passa sopra Filiano ed arriva a Calusci; il tratturo Cucchiarone passa sopra Carpini; il tratturo Imperatrice passa sopra Vaccaro; il tratturo Impera passa sotto Luponio ed arriva ad Inforchia. Da Iscalunga si sviluppa Padula Salice che, proseguendo, si ramifica in piccoli tratturelli. Vallone Cucchetto da Sterpito di Sopra si spinge fino a Martiniello).

Dall’alba al tramonto a cadenzare le pause del mietitore e a rinfrancarlo dal duro lavoro ci pensava il cibo.

Biniritt’ giunto al campo e consumava il suo primo pasto lu cantariedd, pane bagnato con vino e cipolla. Alla solita ora passava di lì Nard’, Leonardo, per la sua abituale passeggiata salutare — non poteva farne a meno da quando il medico gli aveva proibito di ingurgitare cibo pesante e consigliato un po’ di attività fisica. Alla solita ora passava di lì, a passo svelto, salutava Biniritt’ e con espressione malinconica assaporava quell’aroma di cipolle.

Gli uomini indossavano tutti pantaloni di felpa lunghi fino al ginocchio, le gambe erano coperte da uose di panno pesante. Sulla camicia sceglievano un gilè e una giacca corta. Si difendevano dai mesi freddi con un cappotto a mantello, a rusta. Solo alla fine del XIX sec. il vestito maschile fu confezionato in fustagno o velluto. Gli zampitti, tipica calzatura, erano fatti di una suola in cuoio e di una tela grossolana, attorcigliata intorno al collo del piede e legata con piccole funicelle, dette caridi.

Abbiamo, per un solo attimo, lasciato il mietitore alla sua fatica; le lancette segnano le 7.30. E cosa accade a quest’ora? Biniritt’ era ormai più che pronto per la colazione, la fronte sudata, lo stomaco in ribellione e di fronte la luata ‘r secch con la ciambotta, ovvero patate, zucchine, verdure e altro ancora.

Si continuava così, infaticabilmente, fino al tramonto: ore 10.00 spuntino con un pezzo di pecorino, pane e uovo sodo, lu prime muzz’c; ore 12.00/13.00 pranzo principale con pasta di casa con sugo di salsiccia, lu ‘dinn; ore 16.30 un po’ di frittata, la murenn’a; ore 19.30 un bicchiere di vino e un biscotto, la calata ‘r lu sole e, poi, verso le ore 21.00/21.30 l’ultimo pasto della giornata con pane e affettati.

Le sette pietanze della giornata del mietitore

La Pro Loco di Filiano ha voluto tributare un omaggio alla figura del mietitore organizzando la manifestazione “Lu Muzz’c”. Lungo le vie del corso principale del paese si tiene un percorso enogastronomico composto da sette “tappe”, ognuna proporrà una delle sette pietanze che il mietitore consumava durante l’attività quotidiana. Il tutto è animato dalle melodie popolari.

La giornata di Giù-uannina

Le sorgenti e i costumi tipici femminili

C’era una volta a Filiano… Cosa? Una elevata concentrazione di sorgenti, che hanno contribuito all’antropizzazione stanziale della popolazione. Dove ci sono sorgenti, o in prossimità di queste, si rinvengono gli abitati. Il fabbisogno idrico è soddisfatto per circa il 40% dalle sorgenti che si rinvengono alle pendici del Monte Caruso e sono: San Leonardo, Cucchiariello, Acqua Bianca, Pietra Focaia, Tomasicchio, Taccone, Imperatrice e Ciminelle.

Ce ne sono altre sparse qua e là, che alimentano le fontane realizzate dalle maestranze locali con materiali del posto ed è vicino ad una di queste che incontriamo Giù-uannina.

C’era una volta a Filiano… Chi? Giù-uannina. Indossavauna lunga gonna di bordiglione scuro, una camicia di cotone a maniche lunghe e larghe guarnite di pizzi e merletti, un corpetto a manica corta decorata e sulla testa la tuaglia, un copricapo di panno colorato, nei giorni di festa sostituito da uno in seta. Oggi, però, non è un giorno di festa e Giù-uannina utilizza il lavatoio e raccoglie l’acqua per usi domestici; approfitta del momento per ciarlare della poca pioggia caduta nel mese precedente con la sua confidente ‘Ngurnata, Incoronata.

Riserva antropologica “I Pisconi”

Il Museo Carpini e le pitture rupestri

C’era una volta a Filiano…Dove? A Filiano. Ci spostiamo dalle piccole e dalle maestose dimore in direzione di un’area che si estende dalla confluenza del torrone Bradanello Vallone delle Volpi, quota 620 mt, a Serra Carriero, quota 1030 mt.  Era il 1972 quando, qui, lo Stato istituì la Riserva Antropologica “I Pisconi” — appartiene alla foresta demaniale di Lagopesole — con lo scopo di salvaguardare un sito di notevole interesse archeologico.

Il tour, gestito dal Comune di Filiano e dalla Protezione Civile di Filiano, prevede una visita al Museo Carpini e una passeggiata naturalistica nella Riserva, fino a raggiungere l’area protetta in cui si osservano le pitture rupestri.

Le pitture rupestri furono scoperte dal prof. F. Ranaldi su segnalazione di alcuni abitanti della zona. Effettuato un primo sopralluogo, individuò un riparo sotto roccia sulla cui parete di fondo vi erano dipinte interessanti figure in ocra rossa. Rinvenne, alla base di altri massi, incisioni raffiguranti animali. Da qui la denominazione “Riparo Ranaldi”.

Le pitture, poi, furono studiate e analizzate dal prof. F. Biancofiore, secondo il quale rappresentano una scena di caccia, nel dettaglio, le immagini zoomorfe raffigurano cinque cervi, quelle antropomorfe, quattro uomini. Uno di essi è dipinto in posizione orizzontale e lanciato a braccia aperte e a gambe semidivaricate sull’animale sottostante, il braccio destro brandisce un’arma e probabilmente indossa un berretto cornuto. Le altre figure umane, in posizione verticale, sono rappresentate con il tipico sistema degli ovali sovrapposti.

Uno studio più dettagliato è stato effettuato successivamente da Borzatti von Lowenstern e Inglis nel 1990.

Il complesso pittorico più importante sembra testimoniare due momenti di esecuzione: la porzione inferiore della grande figura lobata che domina la scena e la figura sottostante, sembrerebbero le più antiche a causa dell’evanescenza del colore rimasto. La stessa figura, interpretata come umana, potrebbe essere, invece, il completamento di una figura animale realizzata nello stile delle altre, probabilmente cervi o daini descritti con stile verista. Da ciò si è ipotizzato che il complesso è attribuibile al mondo impressionistico dell’arte levantina, riferibile al mesolitico e sarebbe il frutto di un unico mondo espressivo d’ispirazione verista: le figure lobalt potrebbero riferirsi agli alberi. Come è noto i cervidi sono degli animali territoriali che usano scorticare il tronco degli alberi come marcatura del territorio: le pitture indicherebbero questa particolare azione e la figura lobata potrebbe essere una foglia di quercia, simboleggiante tutto il bosco. 

Nell’agosto del 1999 le incisioni riscontrate dal prof. Ranaldi sono state riscoperte ad opera di M. Sozzi e G. Mecca e non sembrano attribuibili all’uomo: i solchi sulla roccia trovano riscontro con tracce fossili lasciate da invertebrati marini frequenti nelle formazioni litologiche come quella locale.

Pitture rupestri a Filiano
Foto di Mimmo Gruosso

Riserva antropologica “Agromonte Spacciaboschi”

I palmenti

C’era una volta a Filiano…Dove? A Filiano. Ci spostiamo dalle piccole e dalle maestose dimore in direzione di un’area raggiungibile da due ingressi: dalla strada provinciale Iscalunga-Dragonetti o dalla strada provinciale di Piano del Conte. Questa porzione di territorio, appartenente alla foresta demaniale di Lagopesole, è stato dichiarato Riserva dallo Stato, nel 1972, al fine di salvaguardarne il valore storico. Qui, un tempo lontano, sorgeva la medievale Acermontis; sono ancora visibili i ruderi che permettono di distinguere una chiesa, un fortilizio e le probabili mura. Il luogo venne definitivamente svotato dei suoi abitanti nel 1330 per via di privilegi ed esenzioni concesse da Giovanni D’Angiò al fine di ripopolare il Comune di Atella.

Riserva "Agromonte Spacciaboschi"
Foto di Martinelli Maria

Addentrandoci in un areale, compreso fra la Riserva e il Monte Marcone, nel mezzo del bosco, in aperta campagna o a pochi passi da una sorgente catturano la scena grossi numerosi ed enormi massi di arenaria: i palmenti. I palmenti sono incavati nella parte superiore, quasi a formare una enorme vasca, hanno un buco di scolo ed alcuni, nella parte inferiore, una vaschetta supplementare di raccolta. Si ipotizza fossero usati per la pigiatura dell’uva, la frantumazione delle olive, per conciare i pellami e per conservare l’acqua. Non si esclude si trattasse di antichi luoghi di culto e di riti pagani.

Palmenti nella Riserva "Agromonte Spacciaboschi"
Foto di Martinelli Maria

Fine.

Si ringrazia la Pro Loco di Filiano e uno dei suoi soci fondatori, Vito Sabia, per i riferimenti forniti. La Pro Loco dispone di un sito ufficiale particolarmente denso di materiale informativo e curiosità. Per approfondimenti: https://www.prolocofiliano.it/, https://www.facebook.com/prolocofiliano.

Grazia Valeria Gelsomina Ruggiero

Grazia Valeria Gelsomina. Mina per gli amici. Lucana. Designer. Cosa voglio fare da grande? Conosco una parola contenitore di ciò che mi piace: “creare”. Che si tratti di un disegno su carta che prenderà forma, di una pagina bianca che attende di essere scritta o di realizzare da zero un contenuto grafico. Attualmente collaboro con il Mattino di Puglia e Basilicata. Ho frequentato un Master in editoria e comunicazione che mi ha lasciato, fra le tante cose, quattro empatici amici con cui condividere questo nuovo viaggio. Perché scrivere della mia terra in un blog? Sono di buona forchetta e qui c’è cibo buono in abbondanza. Mi perderei nei vicoli di antichi borghi senza controllare l’ora. Non dico mai no ad un’escursione, che sia in un bosco, ai piedi di una cascata, fra le dolomiti, su un lago…. Ma quanti scenari offre la Basilicata?